Sentenza n. 67 del 1967
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SENTENZA N. 67

ANNO 1967

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI, 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 513, primo comma, ultima parte, del Codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 28 novembre 1965 dal Pretore di Fermo nel procedimento di esecuzione mobiliare contro Minervini Renato, iscritta al n. 9 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 64 del 12 marzo 1966.

Udita nella camera di consiglio del 19 gennaio 1967 la relazione del Giudice Nicola Jaeger.

 

Ritenuto in fatto

 

Con verbale in data 23 novembre 1965 l'ufficiale giudiziario Antonio Vitolo, addetto all'ufficio esecuzioni del Tribunale di Fermo, attestava che egli si era recato alla abitazione di certo Renato Minervini a Porto S. Giorgio, per eseguirvi un pignoramento, in relazione ad un credito spettante alla cancelleria della Pretura di Civitanova Marche per spese di giustizia e pena pecuniaria dovute all'Erario dello Stato; che egli aveva appreso sul luogo, però, che il debitore non risultava reperibile nella sua abitazione nelle ore indicate nell'art. 519 del Codice di procedura civile (il quale richiama l'art. 147 del Codice stesso), ma soltanto a tarda ora e nei giorni festivi. Pertanto l'ufficiale giudiziario faceva istanza al Pretore di Fermo, quale giudice della esecuzione, per essere dispensato dai termini di cui al suddetto art. 519 ed autorizzato a pignorare beni da ricercare sulla persona del debitore ai sensi dell'art. 513 del Codice di procedura civile.

In seguito a tale istanza, il Pretore pronunciava il 28 novembre successivo una ordinanza, con la quale elevava d'ufficio l'"eccezione di incostituzionalità del disposto dell'art. 513, alinea ultima parte (scilicet del Cod. proc. civ.), che recita: "l'ufficiale giudiziario può anche ricercarle (le cose da pignorare) sulla persona del debitore...", in riferimento all'art. 13, alinea e primo capoverso, della Costituzione, sospendendo la procedura in corso". Disponeva quindi l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per il giudizio di sua competenza.

Si osserva nell'ordinanza che l'art. 513, primo comma, del Codice di procedura civile, consente all'ufficiale giudiziario di ricercare le cose da pignorare sulla persona del debitore, e che siffatta ricerca si sostanzia in una perquisizione personale, e comunque in una costrizione o limitazione alla libertà personale. Si aggiunge che l'art. 13 della Costituzione, concernente le guarentigie supreme dell' habeas corpus, fondamento della convivenza civile in un regime democratico, afferma il principio della inviolabilità della libertà personale, e stabilisce che non é ammessa forma alcuna di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione, se non per atto motivato dell'Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.

Vi si legge quindi che nella specie l'ufficiale giudiziario ha manifestato il proposito di procedere alla ricerca dei beni pignorabili sulla persona del debitore, e all'uopo ha chiesto di essere autorizzato ad agire "fuori orario ed in giorni festivi", sicché concedergli l'invocata dispensa dall'osservanza dei termini equivarrebbe di fatto ad accordare "diritto di cittadinanza" anche nel nuovo ordinamento vigente alla norma che attribuisce agli ufficiali giudiziari, in sede di pignoramento, il potere di coercizione e perquisizione personale, potere svincolato dal preventivo atto motivato dell'Autorità giudiziaria; e ciò "in contrasto, come sembra, con il richiamato disposto della Carta costituzionale".

Si legge infine nella stessa ordinanza che "spetta al Pretore dirigere, quale giudice dell'esecuzione, ai sensi degli artt. 484, 174 e 175 del Codice di procedura civile, l'espropriazione mobiliare, in modo che essa si svolga nell'ambito del principio di stretta legalità, e garantire, quale autorità giudiziaria, il rispetto delle fondamentali libertà costituzionali" e che "si impone la risoluzione dell'insorta questione di legittimità costituzionale, a cui sono subordinati la concessione all'ufficiale giudiziario della "dispensa dai termini" (che rimuoverebbe nella fattispecie un impedimento materiale all'esercizio da parte dell'ufficiale giudiziario del potere di perquisizione personale, della cui legalità si discute) e lo svolgimento e definizione della procedura esecutiva in esame". L'ordinanza é stata regolarmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale (n. 64 del 12 marzo 1966).

Non essendovi stati atti di costituzione di alcuna parte, la causa é stata rimessa dal Presidente della Corte alla camera di consiglio.

 

Considerato in diritto

 

La questione sollevata dal Pretore di Fermo é priva di fondamento.

La ricerca dei mobili da pignorare é un atto di istruzione del pignoramento e si inserisce nel processo di espropriazione mobiliare come una fase essenziale al suo effetto utile. La ricerca sulla persona del debitore é una modalità di tale istruttoria, connaturale alla funzione del procedimento esecutivo al pari della ricerca nella casa del debitore. Come non può ammettersi che questi impedisca l'ingresso nella sua abitazione all'ufficiale giudiziario, nemmeno può ammettersi che egli sottragga le cose da pignorare alla apprensione esecutiva, ponendole addosso a sé o addosso a sé occultandole: si ammetterebbe che il debitore sia libero di sottrarsi alla responsabilità patrimoniale.

Quello di ricercare sulla persona del debitore ciò di cui questi deve essere espropriato é allora un potere dell'ufficiale giudiziario che si pone sullo stesso piano del potere che ha di operare nella casa del debitore. Il relativo esercizio non richiede un'autorizzazione speciale, perché l'autorizzazione é nel titolo esecutivo; il quale abilita a compiere tutti gli atti coattivi che sono necessari alla realizzazione forzata dell'obbligazione. L'ipotesi rimane distinta dalle altre in cui la coazione sulla persona del debitore deve essere espressamente autorizzata o convalidata dal giudice: in codeste ipotesi, la speciale autorizzazione o la convalida é richiesta perché manca un qualsiasi titolo giudiziario preventivo che riconosca la necessità di compiere l'atto o abiliti a compierlo, mentre nell'espropriazione forzata, preesistendo quel titolo, si rendono inutili interventi singoli del giudice.

Né la norma che affida ad un giudice la direzione dell'espropriazione forzata (art. 484, primo comma, del Cod. proc. civ.) apporta limitazioni ai poteri dell'ufficiale giudiziario: si richiede l'autorizzazione del pretore per l'esecuzione del pignoramento fuori orario (art. 519, secondo comma, del Cod. proc. civ.), perché il tempo entro cui l'atto si può compiere non ne é una modalità. Ma l'art. 517 del Codice suddetto, ove il debitore non esibisca cose di sua scelta, impone all'ufficiale giudiziario di preferire il pignoramento di danaro contante, di oggetti preziosi e di titoli di credito che ritiene di sicura realizzazione; le due prime specie di cose, non di rado, possono ritrovarsi soltanto sulla persona del debitore, e la possibilità di ricercarvele é un modo di assolvere al dovere di quella scelta, e nello stesso tempo é un modo di soddisfare all'esigenza cui é coordinata l'imposizione di tale dovere, rendere cioè possibile un sollecito e fruttuoso rendimento dell'esecuzione.

Garantisce, del resto, contro ogni abuso, da un lato, l'obbligo fatto all'ufficiale di aver rispetto del decoro della persona del debitore e, dall'altro lato, la responsabilità, anche penale, che su lui grava quando va oltre i limiti di ciò che gli é consentito di fare sulla base del titolo esecutivo, nell'osservanza del procedimento apprestato dalla legge; ed é certo che l'ufficiale dovrà tener conto, per le sue determinazioni, di tutte le circostanze che facciano ritenere opportuno l'esercizio del potere di cui si tratta.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della norma contenuta nell'art. 513, ultima parte del primo comma, del Codice di procedura civile, in riferimento alla norma contenuta nell'art. 13, secondo comma, della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1 giugno 1967.

 

Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI 

 

 

Depositata in cancelleria il 9 giugno 1967.